SFF 2023 REVIEW: L’immensità
Set in circumstances of perpetual domestic conflict: Rape, betrayal, and family violence continually oscillate between each other, creating a profound sense of unease.
Italian
Undici anni dopo il Gran Premio della Giuria per Terraferma, Emmanuele Crialese torna al cinema con L’immensità; un film semi autobiografico che parla del legame tra una madre e suo figlio trans durante gli anni settanta. Visto il contesto socio-politico conservativo dell’Italia contemporanea, con un primo ministro decisamente di destra, la trama di questo film è veramente ambiziosa.
Tuttavia, piuttosto che essere una storia commovente, il film è meglio caratterizzato come un orrore domestico. Al centro della storia, c’è la famiglia, che funziona come un microcosmo della società italiana:
Felice, il patriarca e padre freddo e assente, tradisce spesso sua moglie Clara, un’allegra espatriata spagnola che si sente più a suo agio con i bambini che con gli adulti. A sostenerla, c’è la figlia più grande, Adriana che nata una femmina, vuole essere un maschio chiamato Andrea.
Il film non passa veloce e si vede la cura che ha preso Crialese in ogni scena del film che è esteticamente bellissimo. Tuttavia, è precisamente con questo ritmo lento che Ciralese riesce a creare un senso di “immensità”, ossia un’idea di eccezionale vastità che suggerisce l’idea dello sconfinato e dell’infinitamente grande. È un’idea leopardiana, presente nella letteratura italiana da secoli. Solo nell'infinito, si può scappare dalla realtà e trovare la felicità.
Il cast è stato fenomenale. In particolare, Penelope Cruz ha fatto un'incredibile interpretazione della vibrante ma intrappolata casalinga Clara, che si fa ricordare l'eredità della leggendaria Sofia Loren.
In queste circostanze, esiste un continuo conflitto domestico: la stupra, il tradimento, la violenza oscillano indefinitamente. Poi, c’è anche la confusione perpetua di Andrea: non capisce perché è nato nel corpo sbagliato, rivolgendosi alla religione in ricerca di risposte. A causa di queste circostanze, sia Andrea che la mamma, sentendosi intrappolati dalle mura della società, si avvicinano.
Per questo motivo, anche durante i momenti belli del film, c’è un forte senso di malinconia. La colonna sonora, ad esempio, nonostante sia allegra, riflette come i personaggi provano senza successo a liberarsi dalle proprie circostanze. Realismo e surrealismo si mescolano attraverso la musica. Uno degli esempi evidenti al riguardo è Prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano. Scritto in una lingua inventata che sembra inglese con un accento americano, la canzone riflette la profonda confusione di Andrea. Rumore, di Raffaella Carrà è anche la canzone preferita di Clara ed è emblematica dell’emancipazione femminile in Italia.
Sebbene questi riferimenti alla musica abbiano un significato chiaro per il pubblico italiano, sono meno chiari per quello anglofono. Questo divario riflette un problema più ampio, ossia quello della traduzione. In questo campo, il film merita di essere lodato per la traduzione inglese, in quanto abbastanza preciso e ben fatto. Ciononostante, è inevitabile che si perda qualche senso quando si traduce da una lingua ad un'altra. In italiano, ad esempio, ogni aggettivo deve corrispondere al genere del sostantivo a cui si riferisce. Questo aspetto della lingua sottolinea i problemi di Andrea, che viene spesso misgendered in ogni aspetto linguistico, il quale gli fa capire che gli altri non lo percepiscono come vede se stesso. Al contrario, in inglese questa distinzione non esiste. Perciò, nei sottotitoli, vengono spesso aggiunte parole di genere come “girl”, o “miss” per sottolineare quando viene misgendered. In aggiunta, Clara è di origini spagnoli, e ogni tanto parla spagnolo. Tuttavia, i sottotitoli non fanno nessuna distinzione tra spagnolo e italiano. Perciò il pubblico anglofono perdono tanto di significato.
Tutto sommato, il film è un potente esempio di narrazione. Vale sicuramente la pena guardarla.
English translation
11 years after winning the Venice Film Festival’s Special Jury Prize for Terraferma (2011), Emmanuele Ciralese returns to cinema with L’immensità; a semi-autobiographical film about the deep bond between a mother and her trans son during the 1970s in Italy. Given the current conservative social political context in Italy, which currently has the most far right Prime Minister since the time of Mussolini, the plot of this film is decidedly ambitious, and more needed than ever.
Nonetheless, rather than being a heartwarming story, the film is better described as a domestic horror. At its centre lies the nuclear family, which functions as a microcosm of Italian society: Felice, the patriarch and cold and absent father, cheats on his wife Clara, a lively Spanish expatriate who finds herself more at ease with children than adults. To support her is her oldest daughter, Adriana, who, assigned female at birth, identifies as a boy named Andrew.
The film is slow-paced, yet aesthetically beautiful — you can see the care that Ciralese took in perfecting each and every scene. Moreover, it is precisely through this slow pace that Ciralese is able to recreate a sense of immensità, that is, a sense of exceptional vastness that suggests the idea of boundlessness and infinity. The idea is Leopardian, and harks back to a centuries-old Italian literary tradition. Only in the infinite, can you escape from reality and find true happiness.
The cast was similarly phenomenal. In particular, Penélope Cruz delivered an amazing performance of the vibrant yet trapped housewife Clara, which echoed the legacy of the legendary Sofia Loren.
The film is set in circumstances of perpetual domestic conflict. Rape, betrayal, and family violence continually oscillate between each other, creating a profound sense of unease. This is furthered by the endless confusion of Andrew, who doesn’t understand why he was born in the wrong body, and turns desperately to religion in the search of answers. As a result, both Andrew and his mum Clara bond over their shared social isolation.
For these reasons, even during the happier moments of the film, there remains a strong sense of melancholy and unease. The soundtrack, for example, despite being upbeat, is a further reflection of how the characters try, without success, to liberate themselves from their oppressive circumstances. Realism and surrealism thus mix through music. For example, a key musical motif of the film is the song Prisencolinensinainciusol by Adriano Celetano. The song, although sounding like American English, is in fact written in complete gibberish, reflects how Andrew struggles to make sense of his profound gender dysphoria. Similarly, ‘Rumore’, by Raffaella Carrà, is Clara’s favourite song, one ironically emblematic of female emancipation in Italy.
Although these musical references are clear for an Italian audience, they are less so for us anglophones. This reflects a greater problem of the film, that is, the problem of translating. In this field, the film does merit significant praise for its English translation, which is relatively precise and well-made. However, it is inevitable that in swapping from one language to another, some meaning is lost in transit. In Italian, for example, every adjective needs to correspond to the gender of the noun that it refers to. Consequently, nearly every word used to describe Andrew has a gendered connotation, thus highlighting his struggles with gender. Conversely, in English, this gendered distinction does not exist. Consequently, the subtitles often add in words such as “girl” or “miss” to compensate for what the English language has lost. Additionally, Clara is from Spain and every once in a while spoke in Spanish. Nonetheless, the subtitles make no distinction between what is Spanish and what is Italian.
Overall, the film is a powerful example of storytelling that is definitely worth watching.